DUE SICILIE
Breve storia di uno Stato vissuto per oltre 7 secoli:
il nostro...
di Antonio La Rosa
GLI ANTENATI
Nel 1130, notte di Natale, nella cattedrale di Palermo, con l’assenso
del papa Anacleto II, Ruggero II d’Altavilla, detto il Normanno,
cinse la corona di quello che, da allora, fu chiamato Regno di Sicilia
e che comprendeva, oltre l’isola, anche i ducati di Capua, Puglia
e Calabria che avevano giurisdizione sui territori compresi fra l’attuale
Abruzzo e lo stretto di Messina.
Tutto il Sud fu, quindi, unificato in uno stato indipendente, con
capitale Palermo. Lo scrittore John Julius Norwich (nel volume Il
regno nel sole) ha affermato che quella degli Altavilla fu “la
corona più fulgida d’Europa”, simbolo di uno stato
multietnico e multiculturale dove convivevano razze (latini, greci,
arabi, longobardi e, naturalmente, normanni) e religioni (cristiana,
islamica ed ebraica) diverse all’insegna i una tolleranza impensabile
in un Medio Evo bigotto, fanatico e violento. Questa unità
permise il raggiungimento di elevati livelli di sviluppo, per cui
il Regno di Sicilia si collocò, per forza economica e militare,
al terzo posto nell’Europa di allora e al primo posto dal punto
di vista culturale.
L’unità politica dell’Italia centro-meridionale
e della Sicilia durò più di 700 anni e i confini di
quel regno rimasero invariati, fino al 1860, quando, a causa della
sanguinosa invasione piemontese, le popolazioni duosiciliane perdettero
la propria libertà e la propria identità nazionale con
la forzata unione agli altri popoli della penisola.
Nel 1139, il 15 luglio, a Benevento, dopo il superamento di uno scisma
che aveva diviso la Chiesa cristiana, Ruggero II fu nuovamente incoronato
dal papa Innocenzo II quale re della Sicilia insulare e della Sicilia
peninsulare.
Il regno, con il passare del tempo, prese – prima informalmente
e poi ufficialmente - il nome di Regno delle Due Sicilie.
Il governo normanno durò fino al 1194 e a esso successe quello
degli Svevi il cui piu' illustre rappresentante fu Federico II.
Con l' avvento degli Angioini (1266), la capitale fu spostata a Napoli.
A seguito della rivolta dei Vespri Siciliani (1282), la Sicilia passo'
agli Aragonesi che, dopo alterne vicende belliche, riunirono nuovamente
tutto il regno (Alfonso il Magnanimo, re delle Due Sicilie).
Il regno venne associato alla Spagna come viceregno nel 1503.
Dal 1707 al 1734 le Due Sicilie furono viceregno associato all' Austria,
per, poi, tornare a essere del tutto autonome e indipendenti con i
Borbone.
PRIMA DELL' OCCUPAZIONE
Carlo di Borbone
Sui Borbone sono state scritte montagne di menzogne. La storiografia
degli occupanti, con l' obiettivo di cancellare ogni dignità
e senso di appartenenza del nostro popolo ha raffigurato la situazione
nelle Due Sicilie così come furono rodotte dopo lo scempio
fatto con l' occupazione militare e la spoliazione selvaggia che la
seguì, come se fosse stato quello lo stato in cui era la nazione
prima di essere conquistata.
Vediamo rapidamente quali erano le condizioni delle Due Sicilie prima
dell' occupazione.
Il Regno nel 1860 era, in campo economico, al primo posto in Italia
e al terzo in Europa. La moneta circolante ammontava a circa 450 milioni
di lire, il doppio di tutta la moneta circolante nel resto d' Italia.
La situazione, in milioni di lire (dell’epoca) era la seguente:
Due Sicilie 445,2, Lombardia 8,1, Ducati di Modena e Piacenza 1,6,
Roma (1870) 35,3, Romagna Marche Umbria 55,3, Piemonte 27, Toscana
85,2, Venezia (1866) 12,7.
Va precisato che per le Due Sicilie il valore della moneta circolante
era del tutto coperto dai depositi statali in oro nel rapporto di
1:1 (ovvero a ogni lira circolante corrispondeva una lira d' oro a
copertura). Per il Piemonte, invece, il rapporto era 3:1, ovvero 3
lire di moneta circolante per ogni lira d'oro realmente presente.
Per quanto riguarda le conquiste sociali va ricordato che le Due Sicilie
avevano introdotto in Italia il primo sistema pensionistico con ritenute
del 2% sugli stipendi degli impiegati statali, disponevano della più
alta percentuale di medici in rapporto alla popolazione e potevano
vantare il minor tasso di mortalità infantile di tutta la penisola.
Per quanto riguarda la proprietà della terra, è falsa
la storia del latifondo come piaga della agricoltura preunitaria:
le Due Sicilie avevano una agricoltura talmente fiorente da essere
esportatori di eccedenze alimentari in tutto il Mediterraneo. I Borbone
avevano progressivamente circoscritto il potere feudale, a partire
dall’introduzione del catasto conciario (1741-1743) per cui
i titolari di beni feudali o ecclesiastici dovettero pagare le tasse
non più si dichiarazione di parte, ma in base all’accertamento
statale. Durante i 126 anni del regno borbonico, inoltre, i baroni
usurpatori di terre di uso civico (dall’Abruzzo alla Sila e
alla Sicilia) dovettero fare i conti con un unico nemico: il Re, con
tutto l’apparato statale.
I latifondi crebbero a dismisura dopo l' annessione forzata delle
Due Sicilie al Piemonte, quando fu privatizzato il demanio pubblico,
ovvero quando fu permesso ai mafiosi e ai ricchi che avevano appoggiato
l' occupazione di impossessarsi per cifre irrisorie delle terre prima
statali e destinate all' uso civico dei contadini e dei pastori.
LE INDUSTRIE
Le cartiere di Isola Liri
Fra le regioni più industrializzate d'Italia, prima del 1860,
c’erano la Campania, la Calabria e la Puglia: per i livelli
di industrializzazione le Due Sicilie si collocavano ai primi posti
in Europa.
In Calabria erano famose le acciaierie di Mongiana, con due altiforni
per la ghisa, due forni Wilkinson per il ferro e sei raffinerie, occupava
2.500 operai. L’industria decentrata della seta occupava oltre
3.000 persone.
La piu' grande fabbrica metalmeccanica del Regno era quella di Pietrarsa,
(fra Napoli e Portici), con oltre 1200 addetti: un record per l’Italia
di allora. Dietro Pietrarsa c’era l’Ansaldo di Genova,
con 400 operai. Lo stabilimento napoletano produceva macchine a vapore,
locomotive, motori navali, precedendo di 44 anni la Breda e la Fiat.
A Castellammare di Stabia, dalla fine del XVIII secolo, operavano
i cantieri navali più importanti e tecnologicamente avanzati
d’Italia. L In questo cantiere fu allestita la prima nave a
vapore, il Real Ferdinando, 4 anni prima della prima nave a vapore
inglese. Da Castellammare di uscirono la prima nave a elica d' Italia
e la prima nave in ferro. La tecnologia era entrata anche in agricoltura,
dove per la produzione dell’olio in Puglia erano usati impianti
meccanici che accrebbero fortemente la produzione.
L' Abruzzo era importante per le cartiere (forti anche quelle del
Basso Lazio e della Penisola Amalfitana), la fabbricazione delle lame
e le industrie tessili. La Sicilia esportava zolfo, preziosissimo
allora, specie nella provincia di Caltanissetta, all' epoca una delle
città più ricche e industrializzate d' Italia. In Sicilia
c'erano porti commerciali da cui partivano navi per tutto il mondo,
Stati Uniti ed Americhe specialmente. Importante, infine era l' industria
chimica della Sicilia che produceva tutti i componenti e i materiali
sintetici conosciuti allora, acidi, vernici, vetro.
Puglia e Basilicata erano importanti per i lanifici e le industrie
tessili, molte delle quali gia' motorizzate. La tecnologia era entrata
anche in agricoltura, dove per la produzione dell’olio in Puglia
erano usati impianti meccanici che accrebbero fortemente la produzione.
Le macchine agricole pugliesi erano considerate fra le migliori d’Europa.
La Borsa più importante del regno era, infine, quella di Bari.
Una volta occupate le Due Sicilie, il governo di Torino iniziò
lo smantellamento cinico e sistematico del tessuto industriale di
quelle che erano divenute le “province meridionali”. Pietrarsa
(dove nel 1862 i bersaglieri compirono un sanguinoso eccidio di operai
per difendere le pretese del padrone privato cui fu affidata la fabbrica)
fu condannata a un inarrestabile declino. Nei cantieri di Castellammare
furono licenziati in tronco 400 operai. Le acciaierie di Mongiana
furono rapidamente chiuse, mentre la Ferdinandea di Stilo (con ben
5000 ettari di boschi circostanti) fu venduta per pochi soldi a un
colonnello garibaldino, giunto in Calabria al seguito dei “liberatori”.
LE GRANDI REALIZZAZIONI
I cantieri navali di Castellammare di Stabia
Oltre alle realizzazioni industriali di cui si e' detto, le Due Sicilie
si distinsero per altre importanti realizzazioni: costruirono i primi
due ponti sospesi in ferro, quello sul Garigliano e quello sul Calore.
E' doveroso ricordare che i tecnici a livello mondiale erano scettici
sulla possibilita' di costruire ponti sospesi in ferro di quelle dimensioni,
infatti, i tentativi fatti in Francia ed Inghilterra erano stati disastrosi,
in quanto il ferro si deformava e il ponte cedeva alle prime vibrazioni.
I ponti furono progettati esclusivamente da ingegneri duosiciliani,
con acciaio proveniente dai centri siderurgici della Calabria e lavorato
a Pietrarsa.
Il Re Ferdinando II, messo a corrente delle innovazioni tecniche,
era così sicuro della riuscita, che all' inaugurazione si mise
al centro del ponte e fece passare su di esso carri, cannoni, cavalli
al galoppo e quanto di più pesante e generatore di vibrazioni
ci fosse all' epoca. Il ponte sarà distrutto con il tritolo
dai nazisti nel 1943, dopo che ci ebbero fatto passare su i carri
armati, i cannoni e tutto l' esercito che si ritirava dal fronte.
Il RRegno aveva fatto le uniche bonifiche d' Italia: in Puglia, in
Campania, in Abruzzo, in Calabria e in Sicilia. Impresa titanica fu
quella del prosciugamento delle paludi del bacino inferiore del Volturno
(240 miglia quadrate, fa i Campi Flegrei e il Massico), dove le terre
bonificate vennero assegnate gratuitamente dal Re a 1.400 famiglie
di contadini bisognose di lavoro.
Napoli, dopo Londra e Parigi, fu la terza citta' d' Europa ad avere
l' illuminazione stradale a gas e la prima d' Italia a sperimentare
l' illuminazione elettrica: teniamo conto che la lampada di Edison
arrivera' quindici anni dopo.
Nelle Due Sicilie c'era il maggior numero di ingegneri d' Italia:
pensare che il primo ingegnere si laureera' a Milano solo nel 1870!
Un capitolo a parte è quello delle ferrovie: le Due sicilie
avevano il miglior sistema ferroviario d' Italia. Oltre alla prima
linea ferroviaria d' Italia in assoluto, la Napoli-Portici (1839,
giunta a Castellammare di Stabia nel 1842 e a Nocera Inferiore nel
1844=, prima dell' occupazione piemontese c'erano linee ferroviarie
per Salerno, Cassino, Caserta. Al momento dell' occupazione si stavano
costruendo le linee Napoli-Foggia, Napoli-Bari, Napoli-Chieti, Pescara-Bari,
Salerno-Reggio, Palermo-Catania, Palermo-Messina e Palermo-Agrigento.
Gli occupanti fermarono i lavori, benchè fossero stati già
fatti i ponti e le gallerie.
I lavori furono più tardi appaltati a ditte lombarde e toscane,
con materiali comprati all' estero, cosi' tutte le ditte e le fabbriche
duosiciliane che avevano maturato importanti esperienze nell’industria
ferroviaria furono condannate al fallimento.
Mentre le nostre fabbriche delle Due Sicilie erano chiuse i macchinari
vennero letteralmente smontati e portati al nord. Cosi' nasceranno
la Breda ferroviaria da Pietrarsa, i cantieri di La Spezia da quelli
di Castellammare, le industrie tessili di Prato e del Comasco dalle
industrie pugliesi e cosi' via. L' industria del nord e' nata da una
rapina.
L' OCCUPAZIONE E LA RESISTENZA
Il popolo difende l'autonomia delle Due Sicilie
Ancora oggi raccontano che la nostra gente si arrese senza combattere,
che l' occupazione fu una passeggiata per i famosi mille di Garibaldi.
La storia vera, con montagne di documenti, dice tutt' altro.
Le Due Sicilie erano uno stato indipendente che non tollerava l' assoggettamento
a potenze imperialiste. Tutta la sua storia, dagli Altavilla (che
difesero il Regno dall’impero d’Oriente e da quello d’Occidente)
ai Borbone (che lo difesero finchè potettero da Francia, prima,
e Inghilterra, poi) lo dimostra.
L' Inghilterra, in perenne concorrenza e conflitto con la Francia,
fece di tutto per ridurre le Due Sicilie in suo potere, ma, per anni,
non ci riuscì.
Le Due Siclie facevano una politica attiva nel Mediterraneo, Ferdinando
II, a esempio, ripopolò Lampedusa e Pantelleria, evitandone
l' occupazione inglese. Resistette in modo energico contro le pretese
inglesi sulle miniere di zolfo siciliane.
L' Inghilterra, ritenne utile, allora, giocare il piccolo regno massonico
dei Savoia in funzione antifrancese e antiaustriaca.
Il nuovo stato italiaco, costruito attorno al piccolo e indebitato
Piemonte, con la testa al nord, soprattutto, avrebbe garantito il
totale disinteressamento dell’Italia verso il Mediterraneo.
La flotta e l' esercito inglesi costituirono il sostegno logistico
dell' invasione delle Due Sicilie.
Per il Piemonte era indispensabile procurarsi ricchezze per evitare
il collasso economico e sociale al quale stava andando incontro, dopo
anni di avventure guerresche. Aveva, inoltre, bisogno di una colonia
di sfruttamento per accumulare le ricchezze necessarie a finanziare
il proprio sviluppo industriale. Colpendo le Due Sicilie, avrebbe
preso due piccioni con una fava: avrebbe eliminato un pericolosissimo
concorrente economico e avrebbe avuto a propria disposizione le risorse
dello stato più forte dell’Italia di allora e un mercato
interno di 10 milioni di persone dove imporre con la forza dei cannoni
e delle baionette le proprie scadentissime merci.
Fu cosi' che si organizzò l' occupazione e il saccheggio della
nostra terra.
I primi disordini furono orditi dai mazziniani appoggiati dagli inglesi:
Lord Palmestron, in primis. Un bugiardo svergognato che, a opera compiuta,
non esitò ad ammettere di essersi inventate di sana pianta
tutte le calunnie con cui aveva cercato di presentare Ferdinando II
come lanegazione di Dio in terra. Lui, esponente di quell’Inghilterra
che, negli stessi anni, affogava nel sangue le rivolte degli indigeni
che si ribellavano ai soprusi di un impero coloniale che tormentava
contemporaneamente due o tre continenti…
IL "BANDITO" GARIBALDI
L'incontro di Teano
Garibaldi nei paesi americani dove aveva vissuto da giovane era considerato
un... "bandito": di corporatura bassa, pieno di reumatismi,
aveva bisogno di due persone per montare a cavallo.
Egli portava i capelli lunghi perche', nel violentare una ragazza,
questa gli stacco' un pezzo d'orecchio con un morso.
Emigro' in Brasile, come molti altri italiani del nord, da cui, allora
provenivano i poveri emigranti dell'Italia, non esistendo tale fenomeno
nelle Due Sicilie, il cui primo gruppo di emigranti partirà
dopo l' occupazione.
In Brasile Garibaldi era conosciuto come un comune delinquente, ricercato
per assalto alle navi mercantili e - incredibile a dirsi, ma vero
- per... commercio di schiavi.
Quando il presidente Scalfaro, andando in visita in Brasile e Uruguai,
provò a citare Garibaldi, fu redarguito dai presenti che gli
spiegarono che da loro il personaggio era sinonimo di delinquente
e ladro.
D'altro canto, il... Ladrone dei due Mondi si macchio' di tali ruberie
nelle Due Sicilie che perfino Vittorie Emanuele II se ne ebbe a lamentare
in uno scritto privato a Cavour dopo l' incontro di Teano.
Garibaldi lasciò il Brasile ed entro' nella massoneria, diventando
un agente per l' Inghilterra in Italia.
Non ci si deve stupire, quindi, se i Piemontesi, una volta finito
il lavoro sporco, abbiano scaricato in malo modo Garibaldi che, come
tutti sanno, non e' mai diventato una personalità eminente
del Regno d'Italia che lo relegò quasi in domicilio coatto.
I “MILLE”
Fu l' Inghilterra a procurare una immensa quantità di denaro
in lire turche, equivalenti a qualche centinaio di milioni di Euro
attuali per l' invasione del Regno che servirono per comprare mafiosi
e camorristi in modo che favorissero l' occupazione.
Va premesso che la maggior parte degli alti gradi dell' esercito e
specialmente della marina delle Due Sicilie erano diventati, negli
anni, grazie all' azione dello spionaggio e della massoneria, agenti
filo inglesi o doppiogiochisti.
Lo sbarco di Marsala, potè avvenire grazie alla presenza della
flotta inglese.
Garibaldi stesso il 5 dicembre 1861 definì i suoi 1000 "tutti
generalmente di origine pessima, con radici genealogiche nel letamaio
della violenza e del delitto".
A queste prime 1.000 canaglie seguirono i mercenari inglesi, svizzeri,
polacchi, russi e una intera legione di ungheresi specializzata nella
repressione.
Sbarcarono, infine, 22.000 soldati piemontesi, tutti dichiarati congedati
o disertori.
L'OCCUPAZIONE DELLE DUE SICILIE
La fortezza di Gaeta
L'esercito e il popolo delle Due Sicilie reagirono all'attacco, contrariamente
a quanto si dice.
Garibaldi fu messo in fuga a Calatafimi dal maggiore Sforza con sole
4 compagnie.
Mentre questi inseguiva l' esercito degli invasori, il traditore generale
Landi diede ordine di ritirarsi.
Il generale Landi aveva avuto una fede di credito dai piemontesi di
14.000 ducati, morì d'infarto qualche mese dopo, quando si
accorse che il titolo era falso e valeva solo 14 ducati.
Dopo Calatafimi, Garibaldi potè avanzare senza resistenza fino
a Palermo, infatti, il generale Lanza, traditore e massone anch' egli,
aveva ordinato all' esercito di non muoversi dalle piazzaforti.
A Palermo i garibaldini si abbandonarono a stupri, saccheggi e violenze
di ogni genere, coadiuvati anche da giovinastri della nobiltà
locale che avevano subodorato la possibilità di conservare
e aumentare le ricchezze passando dalla parte degli invasori.
Il 28 maggio, però, arrivarono le truppe fedeli che liberarono
d'un colpo quasi tutta Palermo.
La furia dei duosicliani fu tale che in poche ore arrivarono a pochi
isolati dal palazzo dove si era insediato Garibaldi.
A quel punto arrivo' l' ordine di ritirarsi da due capitani, messaggeri
del generale Landi, che portarono la notizia, risultata poi falsa,
che il Re aveva firmato un armistizio.
Pochi giorni dopo i 24.000 soldati duosiciliani di Palermo furono
forzosamente imbarcati per lasciare la Sicilia, tra lo stupore e la
rabbia di tutti. Il generale Landi fu catturato e confinato a Ischia
in attesa di essere processato. Purtroppo, il processo non si è
potuto tenere ma il nostro popolo ne conserverà per sempre
il nome infame come condanna postuma.
In Sicilia seguirono repressioni e massacri, noto e' quello di Bronte,
dove, per aver occupato delle terre di proprietà degli eredi
dell’ammiraglio inglese Orazio Nelson, furono fucilati oltre
100 contadini.
A Milazzo, 2.000 dei nostri rimasti a combattere, comandati dal generale
Bosco, un uomo onesto e valoroso, sbaragliarono gli oltre 10.000 invasori.
In quella occasione Garibaldi rischio' di rimanere ucciso e si salvo'
solo grazie al ritardo con cui arrivarono le munizioni e i rinforzi
ai duosiciliani che, quindi, dovettero ritirarsi anche perchè
un traditore, Amilcare Anguissola, con la nave delle Due Sicilie Veloce,
passata agli inglesi, li cominciò a bombardare dal mare. In
ogni caso, alla fine della battaglia morirono 120 soldati napoletani
e siciliani e oltre 800 garibaldini.
In Calabria gli inglesi avevano gia' provveduto a comprare i comandanti
della fortezza di Reggio, i cui cannoni, puntati sullo stretto non
spararono un colpo, pemettendo ai nemici di passare il braccio di
mare con tutta tranquillità.
Lo sdegno per il tradimento fu tale che i soldati si ammutinarono
e fucilarono a Mileto, il generale Briganti che aveva ordinato di
ritirarsi: il corpo di quel traditore fu straziato dai colpi di decine
di baionette di soldati indignati ed esasperati.
Fino a Napoli Garibaldi non incontro resistenza organizzata, esclusa
la città di Messina che non si era mai arresa e che era ancora
sotto assedio e resisteva.
Per evitare un bombardamento, minacciato dai garibaldini, che avrebbe
provocato perdite umane e materiali ingentissime, Francesco II dette
ordine di rendere Napoli citta' smilitarizzata.
I garibaldini entrarono in Napoli e mai la città subì
oltraggio peggiore: furono rapinate le chiese, le case, la reggia
di Caserta, il cui tesoro fu spedito a Torino.
Garibaldi si impossessò dei beni privati del re, dei depositi
del Banco delle Due Sicilie.
Al momento del ritiro a Gaeta, Francesco II aveva finalmente epurato
l' esercito dei generali traditori.
Restavano generali anzianissimi, come Clary e Ritucci, ma fedeli e
il giovane generale Bosco.
Da questo momento, per i garibaldini finirono le facili vittorie,
iniziarono le sconfitte, tant' e' fu necessario l' intervento dei
Piemontesi dal nord.
A Giulianova, in Abruzzo, prima città importante lungo la costa,
il criminale Pinelli, generale dell' esercito piemontese, non riuscì
a entrare: i pochi soldati rimasti e la popolazione, respinsero gli
invasori a pietrate, come nella recente intifada dei palestinesi.
Lo stesso criminale Pinelli si prese una pietrata e rimase ferito.
L' esercito duosiciliano d' Abruzzo, intanto era stato sciolto per
ordine dei generali e comandanti traditori, famigerato l' odioso De
Virgili di Teramo
Ai soldati fu letto un falso proclama del Re.
La maggior parte di loro, con le poche munizioni e le armi che riuscì
a portarsi dietro, andò a combattere con il resto dell' esercito
a Gaeta, a Civitella del Tronto, vicino Teramo, che resistette, o
con gli insorgenti sui monti.
Nel marciare verso Napoli e Gaeta, da Pescara e Chieti, volsero verso
sud e, presso il Macerone, localita' poco distante da Castel di Sangro
e Rionero Sannitico, si scontrarono con i piemontesi che furono sconfitti.
I soldati d' Abruzzo, poterono, così raggiungere il resto dell'
esercito a Gaeta.
Una volta ricongiuntisi i piemontesi con i garibaldini, gli invasori
si avventarono su Gaeta. Per oltre 6 mesi non riuscirono ad averla
vinta: la storica fortezza, porta settentrionale delle Due Sicilie,
resistette con il disperato eroismo dei militari e della popolazione
della città.
In una battaglia combattuta all’inizio di ottobre, con il Re
Francesco II in persona presente in mezzo alle truppe, l' accerchiamento
fu rotto, i duosiciliani arrivarono sul Volturno e furono sul punto
di dirigersi su Napoli per riconquistare la capitale. La popolazione
di Caiazzo aveva cacciato gli uomini di Garibaldi gettando su di loro
dai balconi acqua bollente e ogni genere di masserizie.
Il generale Ritucci non si sentì sicuro di poter sfondare ulteriormente
il fronte e i duosiciliani si fermarono, sperando, anche nell' arrivo
dei promessi rinforzi da Austria e Spagna che mai arrivarono.
Un' altra eroica battagli a avvenne sul Garigliano dove il prode capitano
Bozzelli volle resistere fino all' ultimo uomo per rallentare l’avanzata
degli invasori piemontesi e consentire al grosso dell’esercito
delle Due Sicilie di consolidare le posizioni a Gaeta: alle Termopili,
2500 anni prima, era accaduto qualcosa di simile.
I piemontesi avevano armi francesi, delle più moderne, famosi
i cannoni rigati a lunga gittata, mentre ai duosiciliani restavano
solo vecchie bombarde e cannoni a breve gittata di circa cinquanta
anni prima.
I piemontesi potevano colpire senza essere colpiti, ma per 6 mesi
Gaeta resistette, altrettanto avvenne per Messina e Civitella del
Tronto.
Furono mesi di bombardamenti e di tentativi di assalto, tutti respinti
da soldati che spesso non avevano di che mangiare per giorni.
Esemplare fu l'aiuto che gli insorgenti d' Abruzzo portarono agli
assediati di Civitella, ai quali, dopo un assalto che li libero' temporaneamente
dell' accerchiamento, portarono, viveri e perfino un gregge di pecore
in dono, in modo da avere per lungo tempo di che sfamarsi. Per mancanza
d'acqua, nelle fortezze, scoppio' anche il tifo. Quando si arresero,
i nostri soldati non furono rispettati come prigionieri.
A Civitella la citta' fu saccheggiata. Alcune donne, cui furono strappate
pubblicamente le vesti, furono violentate: chi si opponeva veniva
fucilato e i corpi dei civili furono lasciati nel piazzaletto del
belvedere insepolti.
Quei corpi e quelli di molti soldati saranno di nascosto sepolti,
non si sa dove, dai briganti, durante la notte. Fosse con scheletri
sono stati trovati negli anni '70 durante lavori stradali. Tra i civili
fu ucciso anche un frate. I soldati, tranne una parte che fu deportata,
furono fucilati sul posto.
Durante recenti lavori di restauro, sotto una pietra, sono stati trovati
i cadaveri di due ufficiali vestiti in grande uniforme, sotto il pavimento
della chiesa della fortezza sono state travate ossa umane in quantita'.
Ancora oggi non sappiamo cosa sia successo nella fortezza dopo che
si arrese. Sorte analoga avranno Gaeta e Messina. Nota è la
fossa comune, detta pozzo di Martummè a Gaeta, in cui furono
gettati i corpi di un gran numero di sodati che si erano arresi.
A Civitella, ultima ad arrendersi, dopo la proclamazione del Regno
d' Italia, cercarono addirittura distruggerla del tutto per cancellare
ogni ricordo della resistenza e fu iniziata un' opera imponente di
demolizione.
La popolazione insorse e impedì lo scempio, anche perchè
, nel frattempo, era iniziata la resistenza del popolo delle Due Sicilie
e gli occupanti ebbero altro a cui pensare per molti anni.
IL PLEBISCITO: TRAGICA FARSA
Piazza del ,,, "plebiscito", a Napoli
E' ormai ammissione unanime, anche dei piu' sfegatati sostenitori
del risorgimento, che i referendum (plebisiciti) per l' unificazione
delle Due Sicilie al regno dei Savoia furono una farsa indecente.
Fu un imbroglio talmente vergognoso da far scoppiare le prime insurrezioni
antiunitarie. I "seggi" erano cosi' organizzati: chi voleva
votare doveva consegnare i documenti al presidente di seggio e prelevare
la scheda dalla cassetta dei "SI" o dei "NO" e
inserirla nell' urna.
Il voto quindi non era segreto, inoltre nei seggi c'erano i soldati.
I garibaldini e i traditori votarono in piu' seggi e piu' di una volta.
La percentuale dei votanti dichiarata dagli occupanti fu del 19% ma
in molti comuni gli insorti impedirono il plebiscito quando videro
come si svolgevano le votazioni. Con una simile porcheria si e' consacrata
l' unita' d' Italia.
LA RESISTENZA DEGLI INSORGENTI
I resistenti furono chiamati briganti
Non li chiameremo certamente "briganti" i nostri patrioti
che organizzarono la resistenza in ogni angolo della nostra terra,
li chiameremo "insorgenti". Altrettanto non parleremo mai
di bande ma di brigate, come si addice ai combattenti. La resistenza
era gia' iniziata quando Gaeta, Messina e Civitella del Tronto ancora
resistevano.
A Civitella, ad esempio, la resistenza cosi' lunga fu resa possibile
dalle continue incursioni dei primi gruppi di insorgenti. L' insurrezione
in grande stile comincia poco prima e subito dopo la caduta di Gaeta.
Gli episodi sono talmente tanti da costringerci a trattare per sommi
capi dei fatti piu' significativi.
Gia' nel 19 gennaio il capitano Giorgi, patriota Abruzzese, avvocato
di Civitella del Tronto, con circa 600 uomini libero' Petrella, Tagliacozzo
e infine Scurcola, dove il combattimento fu particolarmente lungo
e spietato. Qualche giorno dopo il paese fu assalito dagli invasori,
circondato, incendiate le case, e saccheggiato.
Tra la popolazione furono fatte fucilazioni di massa non solo di uomini
ma anche di donne, anche due preti, uno dei quali tento' di evitare
il massacro, furono fucilati sul posto. A fine anno 1860 si formò
la brigata più importante, quella comandata da Carmine Crocco,
detto Donatello, nato a Rionero in Vulture. Nella sua brigata erano
figure di rilievo Nicola Summa, detto Ninco Nanco, e Filomena Pennacchio,
una donna.
La brigata di Crocco aveva una cavalleria, una fanteria e c'erano
anche i poveri dei poveri che combattevano con i soli coltelli e le
zappe.Questa gente sfidò e vinse in più combattimenti
le truppe ben addestrate ed armate degli occupanti. Il 7 e 8 aprile
fu liberata Ripacandida, il successo fu tale che per due giorni in
paese fu festa.
La vittoria fece accorrere ulteriori volontari e Crocco volse le truppe
verso Venosa e la liberò il 10 aprile; in serata giunse addirittura
un gruppo di circa 200 soldati duosiciliani con bandiere e tamburi
che si unirono alla brigata. In seguito furono liberate anche Lavello
e Avigliano, a due passi da Potenza. Il 12 aprile vi fu l' insurrezione
di Melfi.
Di fondamentale importanza fu la battaglia nel bosco di Lagopesole
dove si affrontarono la brigata di Crocco, cui si era aggiunto, come
comandante, il generale spagnolo Borjes, inviato dal Re, e l' esercito
d'occupazione.
La battaglia fu furiosa, alla fine gli insorgenti vinsero e si diressero
a Melfi dove entrarono trionfalmente. A Melfi fu tenuta una solenne
processione e vi furono due giorni di festa.
A questo punto, la situazione era favorevole ovunque agli insorgenti:
in Abruzzo Luca Pastore, Nunzio Tamburrini e Croce di Tola, detto
Crocitto, avevano liberato i paesi dell' altipiano delle 5 miglia
e puntavano verso Castel Di Sangro per unirsi con Crocco; erano, intanto,
insorti ed erano stati liberati i paesi della Majella, Carpineto,
Roccascalegna, Casoli e altri. Anche a Isernia c'era stata la rivolta
e la città si era liberata dagli occupanti.
Intorno a Napoli, le brigate di Chiavone e Tortora aveva attaccato
addirittura Torre del Greco e liberato alcuni paesi tra cui Amalfi
(22 luglio 1862).
In Puglia Domenico Romano, detto sergente, di Gioia fel Colle aveva
liberato vaste zone del Foggiano, tra cui Zapponata, e con un'altra
brigata aveva liberato anche parte della Terra d' Otranto. In Calabria,
le popolazioni dell' Aspromonte e del Crotonese erano insorte. Cirò
fu piu' volte liberata e ripresa dagli occupanti. In Sicilia, infine,
era insorta Catania, Castellammare del Golfo si era liberata, a Palermo
ci furono scontri tra la gente e i soldati, perfino Pantelleria riuscì
a liberarsi: sull' isola la rivolta continuo' per tutto l' anno e
le truppe d'occupazione sbarcate in massa per mesi non riuscirono
a sconfiggere gli insorgenti.
A Torino in quel periodo si discuteva se non fosse il caso di abbandonare
l' impresa e ritirarsi. Per far pendere definitivamente il conflitto
dalla parte dei patrioti sarebbe bastata la liberazione di una città
importante in cui instaurare il governo legittimo.
La città più indicata era Potenza dove già tutto
era pronto per la battaglia campale. Purtroppo, erano ormai scoppiati
insanabili dissensi tra Crocco e Borjes che, con la sua visione aristocratica
era inviso ai popolani insorti, non disposti a farsi trattare come
carne da cannone.
Crocco pensava di poter aspettare e ingrossare ancora le fila della
guerriglia, Borjes abbandono' la Basilicata per gli Abruzzi. Fu persa
una occasione unica.
Gli invasori, intanto avevano adottato una nuova strategia: servirsi
di collaboratori e traditori. Il principale fu Caruso, un coraggioso
capitano degli insorgenti, rivale di Crocco anche in amore. Caruso
passo' dalla parte degli occupanti e per Crocco iniziarono tempi sempre
piu' duri.Borjes fu fatto scoprire da traditori mentre era vicino
Tagliacozzo e stava per tornare a Roma per riorganizzare una sua brigata.
In Sicilia e in Puglia intervenne la marina.
Furono emanate leggi ferocissime che ammettevano la rappresaglia indiscrimimata
anche su conoscenti e amici degli insorgenti. Furono requisiti i raccolti
e le greggi, fu impedita la semina: in parole povere, le Due Sicilie
furono ridotte alla fame. Dall' estero Austria e Francia rimasero
inerti. Anche lo Stato Pontificio tagliò ogni aiuto agli insorgenti,
sperando così – inutilmente - di non subire una invasione.
La repressione si scatenò con ferocia. Come esempi piu' famosi
di orrori subiti dalla nostra gente citiamo la strage di Pontelandolfo
e Casalduni, in provincia di Benevento. e quella di Isernia.
A Pontelandolfo, i patrioti avevano attaccato una colonna di bersaglieri
e i prigionieri furono portati in paese dove la gente infuriata li
uccise.Pontelandolfo fu dato alle fiamme, quasi tutta la popolazione
trovata in casa, 900 persone, donne vecchi e bambini compresi fu uccisa,
nella maggior parte dei casi con colpi di baionetta.
A Isernia, una volta rioccupata, furono compiute violenze e saccheggi.
Le teste dei patrioti che avevano diretto la rivolta furono tagliate
e messe in gabbie che furono fotografate e appese nella piazza principale
della città. Nel giro di due anni gli insorgenti saranno sterminati
e al loro posto rimarranno solo banditi comuni, veri briganti.
Una recente ricerca ha fornito questi dati sulle lotte del 1860 -
1864: 154.000 morti in combattimento a cui si aggiungono 111'500 fucilati
o uccisi per rappresaglia. I dati forniti dagli occupanti sono inferiori
ma comunque agghiaccianti: essi parlano di 16'000 fucilati nel solo
1862, 37 paesi dati alle fiamme per rappresaglia e 40'000 senza tetto.
Gli occupanti persero ufficialmente circa 23.000 uomini. Dagli occupanti
furono impiegati nella guerra 120'000 uomini regolari a cui vanno
aggiunti 80'000 irregolari, i collaborazionisti della infame "guardia
nazionale" e 7.500 carabinieri.
IERI, OGGI E DOMANI
Una politica mediterranea per le Due Sicilie
La nostra storia, successiva all'occupazione, e' nota ed e' sui libri
di testo che vengono utilizzati nelle scuole. Due Sicilie e' diventato
un termine vietato e sostituito con l' insulsa espressione geografica
di "Sud".
La nostra gente e' diventata famosa come emigrante. il termine meridionale
suona, nel migliore dei casi, come sinonimo di personaggio folcloristico,
scansafatiche e arretrato.
Qualcuno ha scritto, anni dopo quel tragico 1860, che Cristo si era
fermato ad Eboli. Piu' esattamente la metafora avrebbe dovuto dire
che non molti anni prima, il demonio aveva scacciato Cristo dalle
Due Sicilie. La nostra terra e' stata venduta ai parassiti del sottogoverno,
alla mafia e alla camorra, sin dall' inizio alleate degli invasori.
Il nostro futuro e' legato agli aiuti e ai finanziamenti "generosamente"
elargiti dal governo di Roma o, sempre piu', dall'Unione Europea..
Per le persone piu' intraprendenti c'e' un posto all' estero, in imprese
del Nord o nella burocrazia statale. Per gli altri che rimangono le
migliori possibilita' di emergere sono nel parassitismo del sottogoverno,
nell' arte di arrangiarsi o nella delinquenza.
L' Italia non ha e non ha mai avuto alcuna politica mediterranea,
strano, per una terra che e' circondata da tutti i lati dal Mediterraneo,
meno strano se si pensa che - con una politica mediterranea - le Due
Sicilie sarebbero il motore della penisola, invece che esserne, come
adesso, la ruota di scorta.
Abbiamo scritto questa breve storia perchè riteniamo che conoscere
la propria storia e' importante per capire il presente e preparare
la riscossa. Vogliamo che noi tutti, Abruzzesi, Molisani, Pugliesi,
Calabresi, Campani, Lucani e Siciliani, diventiamo consapevoli che
i nostri avi e bisnonni non furono per niente vigliacchi e gattopardi.
Adesso è il momento di riprendersi la dignità del passato
per costruire un presente dignitoso. Napoli, Palermo, Bari, Catania,
Reggio Calabria, Pescara sono le città mediterranee delle Due
Sicilie che possono insieme diventare il centro propulsore di tutta
l'area mediterranea e farla tornare a essere la regione più
evoluta e sviluppata dell' intero pianeta, se solo ci riprendiamo
il coraggio dell'iniziativa.
Una futuro diverso è possibile e questo futuro sta già
cominciando, partendo dal passato.